Anniversari che non si dimenticano: aspettando l'11 settembre /2
Ci
sono date, anniversari che non si dimenticano, e che ogni volta che
ricorrono riportano alla mente una o cento storie. Storie anche non
clamorose, ma nel complesso tutte le storie contribuiscono a rendere
l'avvenimento indimenticabile. Al centro di esse ci sono sempre
uomini e non che con il loro operato, o con la sola presenza, hanno
scritto la storia. E probabilmente hanno reso quelle date
indimenticabili.
Dan
Holdridge l'11
settembre 2001 era al lavoro dentro al Pentagono come appaltatore ed
era un giornata bellissima,
piena di sole. Quel mattino, andò al lavoro in ritardo, a causa di
una teleconferenza a cui aveva dovuto partecipare. Era l'appuntamento
settimanale del
martedì, ma
in quella settimana fu anticipata al martedì. E questo probabilmente
gli salvò la vita. Si stava incamminando con il suo collega Bobby
verso
il
Naval Command Center, la
sede media del Pentagono.
Avevano
appena saputo dei due aerei che si erano schiantati a New York contro
le Twin Tower. Ad un certo punto, diretto al suo collega esclamò:
“cos'altro deve ancora succedere, oggi? Attaccheranno pure il
Pentagono?” In
quel momento un'esplosione li
sollevò entrambi, scaraventandoli lontano.
Dan
pensò che sarebbe morto. Si
guardò
attorno, riuscì
a vedere Bobby gravemente ferito, e
si
rassegnò.
Invece, subito
dopo il
personale di sicurezza del Pentagono venne per evacuare le persone,
che
furono portate
in
un'area dove venivano assegnate le priorità mettendo dei nastri al
polso. Un nastro verde per
chi non
era
in pericolo di vita; fu il colore che ricevette
Dan.
Nastro giallo significava la
necessità
di cure rapide ma che
se
la
sarebbe
cavata, e fu il colore che ricevette Bobby. Nastro rosso per
quelli in pericolo di vita.
L'ultimo, il nastro nero per
chi
era morto.
Mentre
era in quest'area Dan
sentiva
odore di carne bruciata, sentiva
i lamenti delle
vittime, ma
anche
altra
gente che urlava:”Dove posso donare il sangue? Dove posso donare il
sangue?” Il
grande spirito
dell'America si
era già messo in moto, nonostante l'immane tragedia.
Dopo
le prime sommarie cure, Dan e Bobby
furono
abbandonati seduti
al lato della strada, quando
arrivò
un grosso SUV con
una donna alla guida.
Si
chiamava Erin
Anderson, e, nonostante
nessuna
macchina era autorizzata a muoversi attorno al Pentagono in quel
momento, li
caricò a
bordo e
li
portò all'ospedale. Durante
il viaggio Dan ebbe appena la forza per dire “Grazie
molte di averci caricato.” Lei
si volse,lo
guardò dritto negli occhi e disse:“Non so perché sono qui. Ero
seduta in casa e ho
sentito di
dover aiutare qualcuno”.
Da
quel
giorno, Dan
impiega il suo tempo tenendo conferenze su quanto ha vissuto. In ogni
scuola, in ogni azienda in cui è chiamato a ricordare il suo 11
settembre, ricorda che
“tutti abbiamo una Erin Anderson dentro di noi. Tutti abbiamo la
capacità, quando succede qualcosa, di alzarci e di trovare l'eroe
dentro di noi e offrire il nostro aiuto. Non serve un altro 11/9,
dobbiamo
soltanto uscire a cercare chi ha bisogno di noi”.
Questo post è stato pubblicato il 10 settembre 2013 su Cervelliamo blog
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