mercoledì 24 luglio 2013

Scrivendo sulla storia n. 10 del 24 Luglio 2013

Dimenticare Detroit

Detroit è fallita, sepolta da 18 miliardi di dollari di debiti sotto forma di obbligazioni municipali emesse che non saranno più ripagate. Migliaia di dipendenti pubblici rischiano il licenziamento, le pensioni sociali saranno ridotte e l'assistenza sanitaria pure. Mai finora era successo una cosa simile ad una città-simbolo dell'America: la città che nel 1908 aveva messo su strada la prima Ford T, che negli anni “50 battezzò con la casa discografica Motown artisti come Jackson 5, Stevie Wonder e Diana Ross, che il 23 luglio 1967 ha sbattuto in faccia al mondo le sue contraddizioni razziali in cinque giorni di guerriglia urbana che lasciarono 43 morti (il più piccolo aveva 4 anni il più vecchio 82), 467 feriti, oltre 7. 000 arresti, 2.500 negozi saccheggiati, 412 palazzi in fiamme. Ora quella città, a differenza dei suoi colossi automobilistici (Ford, Chrysler e General Motors) si è arresa alla crisi e chiede protezione dai creditori congelando i propri debiti (ed i relativi interessi), invocando l'articolo 9 della legge fallimentare americana. L'America per ora non teme l'effetto che definiscono -palla di neve- espressione che meglio non potrebbe rendere l'idea dei suoi disastrosi effetti.
Foto di Detroit, Michigan (USA)
Tutto il mondo sta a guardare, nessuno lo dice, ma, se dovesse accadere anche da noi? In Italia tecnicamente non sarebbe possibile. Il dissesto finanziario, parola solo in apparenza più gentile, che può colpire una pubblica amministrazione che non può onorare i debiti, non comporta rischi per i pubblici dipendenti (assunti con contratto nazionale) né per gli amministratori. I servizi pubblici verrebbero comunque garantiti, sulla carta. Il 2013 però, potrebbe essere l'anno del disastro per almeno 50 amministrazioni di alcune grandi città o capoluoghi di provincia. Negli ultimi due anni le richieste di commissariamento sono passate da una-due l'anno a 25.  
Foto panoramica della città di ALessandria, Piemonte (It)
Dal 1989, anno dell'entrata in vigore della normativa con l'istituto del dissesto finanziario, sono stati 460 i comuni finiti sottosopra, di cui la maggior parte in Calabria e in Campania, traditi da entrate finanziarie solo ipotetiche, contrapposte a spese, ahimè, reali, tanto da aprire buchi di bilancio enormi. E' accaduto un anno fa per Alessandria, il primo capoluogo i provincia la cui insolvenza è stata accertata dalla Corte dei conti, e prima ancora per Taranto o Enna. Fanno tremare la situazione finanziaria di grandi capoluoghi-città metropolitane come Reggio Calabria (con debiti accertati di 679 milioni), Napoli (850 milioni), Catania, Caserta, Messina, Palermo. Ma non c'è solo il Sud. A Siena il bilancio è in rosso di oltre 300 milioni, a Parma di 800 milioni, a Torino e Milano i debiti sono già oltre 3 miliardi, a Roma circa 10. Ma per gli amministratori l'imperativo è: ignorare l'esempio USA, dimenticare Detroit.
 
Questo post è stato pubblicato il 24 Luglio 2013 su Cervelliamo blog

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