Il Washington Post passa a Mr. Amazon. L'editoria americana è sempre più "crowdsourcing"

La
notizia della vendita del Washington Post non è la isolata: durante
il fine settimana, il New York Times ha venduto il Boston Globe al
proprietario di una squadra di baseball e
altri famosi giornali come il Winston-Salem
Journal e il Richmond Times-Dispatch erano
già finiti
nella proprietà di
alcuni tra i
gli uomini
d'affari di maggior successo in America.
Ma
cosa spinge questi imprenditori a investire i
loro sudati
milioni di
dollari in un
settore in cui, secondo
il Pew Research Center, si
perdono
16 dollari per
ogni giornale venduto,
recuperando un
solo dollaro dalle
entrate di
servizi digitali?
Eppure
Bezon, pur non essendo particolarmente simpatico all'opinione
pubblica americana (avendo con Amazon nel 1990 sconvolto tutte le
regole secolari del marketing per corrispondenza) ha tutte le carte
in regola per rilanciare la testata, dato che è forse secondo solo a
Steve Jobs come visionario rispetto alla tecnologia leader di
business della nostra epoca e può garantire subito un salto tecnologico in avanti al quotidiano americano.
La sua visione è molto sensibile all'idea della stessa
informazione sotto diverse forme: Amazon è stata uno dei più
originali modelli di business “crowd-sourcing", che modificano
cioè il modo in cui la raccolta di notizie è fatto. La dimensione
dell'azienda da cui proviene, infine, agevolerebbe l'inserimento del
giornale in una dimensione internazionale e non più esclusivamente
nazionale, dove è rilegato dai tempi delle inchieste verità che
pubblicava e che hanno fatto tremare il mondo, Washington compresa.
Questo post è stato pubblicato il 7 Agosto 2013 su Cervelliamo blog
Nessun commento:
Posta un commento